L'onda di Gabriele D'Annunzio

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L'onda

Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l’antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S’argenta? S’oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l’arme, la forza
del vento l’intacca.
Non dura.
Nasce l’onda fiacca,
subito l’ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che nasce
nel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s’alza,
nel suo nascimento
più lene.
Palpita, sale,
si gonfia, s’incurva,
s’allunga, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggera
s’arruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L’onda si spezza, precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s’infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l’alga e l’ulva;
s’allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui’l vento
diè tempra diversa;
l’avversa,
la salta, la sormonta,
vi si mesce, s’accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d’iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazi
scintilli
e di berilli
vividi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella,
numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l’ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond’ha colmo suo grembo.
Subito le balza
il cor, le raggia
il viso d’oro.
Lascia ella il lembo,
s’inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l’acerbo suo tesoro
oblìa nella melode.
E anch’ella si gode
come l’onda, l’asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!
Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.


(Gabriele D'Annunzio, Alcyone)

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L'infinito di Giacomo Leopardi

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L'infinito

Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
e questa siepe, che da tanta parte
dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
spazi di là da quella, e sovrumani
silenzi, e profondissima quiete
io nel pensier mi fingo, ove per poco
il cor non si spaura. E come il vento
odo stormir tra queste piante, io quello
infinito silenzio a questa voce
vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
e le morte stagioni, e la presente
e viva, e il suon di lei. Così tra questa
immensità s'annega il pensier mio:
e il naufragar m'è dolce in questo mare.


(Giacomo Leopardi, Canti)

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L'alto veliero di Salvatore Quasimodo

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L'alto veliero

Quando vennero uccelli a muovere foglie
degli alberi amari lungo la mia casa,
(erano ciechi volatili notturni
che foravano i nidi sulle scorze)
io misi la fronte alla luna,
e vidi un alto veliero.

A ciglio dell'isola il mare era sale;
e s'era distesa la terra e antiche
conchiglie lucevano fitte ai macigni
sulla rada di nani limoni.

E dissi all'amata che in sé agitava un mio figlio,
e aveva per esso continuo il mare nell'anima
“Io sono stanco di tutte quest'ali che battono
a tempo di remo, e delle civette
che fanno il lamento dei cani
quando è vento di luna ai canneti.
Io voglio partire, voglio lasciare quest'isola”.
Ed essa: “O caro, è tardi: restiamo”.

Allora mi misi lentamente a contare
i forti riflessi d'acqua marina
che l'aria mi portava sugli occhi
dal volume dell'alto veliero.


(Salvatore Quasimodo, Ed é subito sera)

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L'albatro di Pierre Charles Baudelaire

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L'albatro
Spesso, per divertirsi, le ciurme
catturano degli albatri, grandi uccelli marini,
che seguono, compagni di viaggio pigri,
il veliero che scivola sugli amari abissi.
E li hanno appena deposti sul ponte,
che questi re dell’azzurro, impotenti e vergognosi,
abbandonano malinconicamente le grandi ali candide
come remi ai loro fianchi.
Questo alato viaggiatore, com’è goffo e leggero!
Lui, poco fa così bello, com’è comico e brutto!
Qualcuno gli stuzzica il becco con la pipa,
un altro scimmiotta, zoppicando, l’infermo che volava!
Il poeta è come il principe delle nuvole
che abituato alla tempesta ride dell’arciere;
esiliato sulla terra fra gli scherni,
non riesce a camminare per le sue ali da gigante.

(Charles Pierre Baudelaire, I fiori del male)

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Itaca di Konstantinos Petrou Kavafis

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Itaca

Quando partirai, diretto ad Itaca,
che il tuo viaggio sia lungo
ricco di avventure e di conoscenza.

Non temere i Lestrigoni e i Ciclopi nè il furioso Poseidone;
durante il cammino non li incontrerai
se il pensiero sarà elevato, se l'emozione
non abbandonerà mai il tuo corpo e il tuo spirito.
I Lestrigoni e i Ciclopi e il furioso Poseidone
non saranno sul tuo cammino
se non li porterai con te nell'anima,
se la tua anima non li porrà davanti ai tuoi passi.

Spero che la tua strada sia lunga.
Che siano molte le mattine d'estate,
che il piacere di vedere i primi porti
ti arrechi una gioia mai provata.
Cerca di visitare gli empori della Fenicia
e raccogli ciò che v'è di meglio.
Vai alle città dell'Egitto,
apprendi da un popolo che ha tanto da insegnare.

Non perdere di vista Itaca,
poichè giungervi è il tuo destino.
Ma non affrettare i tuoi passi;
è meglio che il viaggio duri molti anni
e la tua nave getti l'ancora sull'isola
quando ti sarai arricchito
di ciò che hai conosciuto nel cammino.
Non aspettarti che Itaca è povera,
non pensare che ti abbia ingannato.
Perchè sei divenuto saggio, hai vissuto una vita intensa,
e questo è il significato di Itaca.


(Konstantinos Petrou Kavafis)

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