Noi non sappiamo quale sortiremo di Eugenio Montale

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Noi non sappiamo quale sortiremo

Noi non sappiamo quale sortiremo
domani, oscuro o lieto;
forse il nostro cammino
a non tòcche radure ci addurrà
dove mormoni eterna l’acqua di giovinezza;
o sarà forse un discendere
fino al vallo estremo,
nel buio, perso il ricordo del mattino.
Ancora terre straniere
forse ci accoglieranno; smarriremo
la memoria del sole, dalla mente
ci cadrà il tintinnare delle rime.
Oh la favola onde s’esprime
la nostra vita, repente
si cangerà nella cupa storia che non si racconta!
Pur di una cosa ci affidi,
padre, e questa è: che un poco del tuo dono
sia passato per sempre nelle sillabe
che rechiamo con noi, api ronzanti.
Lontani andremo e serberemo un’eco
della tua voce, come si ricorda
del sole l’erba grigia
nelle corti scurite, tra le case.
E un giorno queste parole senza rumore
che teco educammo nutrite
di stanchezze e di silenzi,
parranno a un fraterno cuore
sapide di sale greco.


(Eugenio Montale, Ossi di Seppia/Mediterraneo)

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Non badate a me di Pablo Neruda

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Non badate a me

Fra le cose che il mare getta
si cerchino le più disseccate,
zampe violette di gamberi,
testine di pesci morti,
soavi sillabe di legno,
piccoli paesi di perla,
si cerchi ciò che il mare ha sfatto
con inutile insistenza,
ciò che ha rotto e squassato
e abbandonato per noi.

Ci sono petali inanellati,
cotoni della tempesta,
sterili gemme dell’acqua
e ossa gracili d’uccello
che sembrano ancor volare.

Si svuota il mare delle sue scorie,
il vento gioca con gli oggetti,
il sole ogni cosa abbraccia
e il tempo vicino al mare
conta e tocca quanto esiste.

Io conosco tutte le alghe,
gli occhi bianchi della rena,
le piccole mercanzie
delle maree dell’autunno
e, come un gran pellicano,
edifico umidi nidi,
spugne che adorano il vento,
e labbra d’ombra abissale,
ma nulla è più lacerante
dell’indizio di un naufragio:
il dolce legno scomparso
che fu morso dalle onde
e sdegnato dalla morte.

Bisogna cercare cose oscure
in qualche parte della terra,
in riva al silenzio azzurro
o dov’è passato il treno
di una furiosa tempesta:
restano sogni sottili,
monete di tempo e d’acqua,
detriti, celeste cenere,
e l’ebbrezza intrasferibile
di prender parte ai travagli
della spiaggia spopolata.


(Pablo Neruda, Poesie)

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Non navighiamo sullo stesso mare di Olav Håkonson Hauge

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Non navighiamo sullo stesso mare

Non navighiamo sullo stesso mare,
eppure così sembra.
Grossi tronchi e ferro in coperta,
sabbia e cemento nella stiva,
io resto nel profondo, io avanzo con lentezza,
a fatica nella tempesta,
urlo nella nebbia.
Tu veleggi in una barca di carta,
e il sogno sospinge l’azzurra vela,
così dolce è il vento,
così delicata l'onda.


(Olav Håkonson Hauge)

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Oceanografia di José Saramago

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Oceanografia

Giro le spalle al mare che conosco,
al mio essere umano me ne torno,
e quanto cìè nel mare lo sorprendo
nella pochezza mia di cui son conscio.

Di naufragi ne so più del mare,
dagli abissi che sondo torno esangue,
e perché da me nulla lo separi,
vive annegato un corpo nel mio sangue.


(José Saramago)

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Ondeggia, Oceano... di George Byron

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Ondeggia, Oceano...

"....Ondeggia, Oceano nella tua cupa
e azzurra immensità
a migliaia le navi ti percorrono invano;
l'uomo traccia sulla terra i confini,
apportatori di sventure,
ma il suo potere ha termine sulle coste,
sulla distesa marina
i naufragi sono tutti opera tua,
è l'uomo da te vinto,
simile ad una goccia di pioggia,
s'inabissa con un gorgoglio lamentoso,
senza tomba, senza bara,
senza rintocco funebre, ignoto.
Sui tuoi lidi sorsero imperi,
contesi da tutti a te solo indifferenti
che cosa resta di Assiria, Grecia, Roma,
Cartagine?
Bagnavi le loro terre quando erano libere
e potenti.
Poi vennero parecchi tiranni stranieri,
la loro rovina ridusse i regni in deserti;
non così avvenne, per te, immortale e
mutevole solo nel gioco selvaggio delle onde;
il tempo non lascia traccia
sulla tua fronte azzurra.
Come ti ha visto l'alba della Creazione,
così continui a essere mosso dal vento.
E io ti ho amato, Oceano,
e la gioia dei miei svaghi giovanili,
era di farmi trasportare dalle onde
come la tua schiuma;
fin da ragazzo mi sbizzarrivo con i tuoi flutti,
una vera delizia per me.
E se il mare freddo faceva paura agli altri,
a me dava gioia,
perché ero come un figlio suo,
e mi fidavo delle sue onde, lontane e vicine,
e giuravo sul suo nome, come ora....."


(George Byron)

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